La protesta avvenne a causa dello scarso servizio di mensa: il capitano della corazzata ordinò la fucilazione degli ammutinati, ma gli stessi marinai incaricati di sparare presero il sopravvento e si impadronirono della Potëmkin. Quest’ultima arrivò fino al porto di Odessa, ma poi le guardie dello zar soffocarono nel sangue qualsiasi tipo di rivolta. Il finale fu quindi tragico, ma nel 1926 si voleva mettere soprattutto in luce l’effetto rivoluzionario di questo gesto, optando per un finale cinematografico più positivo.
Il realismo fu comunque perfetto, grazie ad alcuni accorgimenti: ad esempio, i protagonisti del film furono scelti tra i veri abitanti e i marinai di Odessa, mentre la nave non fu la Potëmkin, demolita diversi anni prima, bensì una imbarcazione molto simile, la Dodici Apostoli. Molto interessante è anche la scena finale, con Ėjzenštejn che sfruttò al massimo la flotta sovietica del Mar Nero. È una delle prime volte che la nautica diventa così simbolica per un paese e per il cinema ed è un vero peccato che una imbarcazione così carica di significato non esista più, ma rimane comunque una pellicola che la fa vivere per sempre.
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