Il livello del ghiaccio nell’Artico si sta abbassando sempre di più, a svantaggio della tutela ambientale. Tuttavia c’è chi ne trarrebbe vantaggio, e sarebbero le aziende petrolifere che, trovando un paesaggio meno ‘duro’, sarebbero più attratte a cercare territori redditizi per la propria attività. A rilevarlo è uno studio dell’Istituto Polare norvegese, secondo il quale il ghiaccio intorno alla Norvegia artica – in particolare quello dell’isola di Hopen, nell’arcipelago delle Svalbard – ha raggiunto un livello più basso di un metro rispetto al 1960.
La causa di questo progressivo abbassamento del ghiaccio, spiega la ricerca, sarebbe il surriscaldamento globale, il cosiddetto Global Warming. Così, secondo gli scienziati, i cambiamenti climatici potrebbero rendere la regione meno inospitale e il prezzo del barile, che si aggira intorno ai 100 dollari, potrebbe giustificare l’esplorazione di nuove aree, nonostante i costi alti. Il più grande produttore di petrolio della Norvegia, la StatoilHydro, opera nei campi nel sud del Mare di Barents. L’azienda è posseduta al 51% dal gigante russo Gazprom, al 25% da France’s Total, mentre StatoilHydro possiede il 24%.
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