Legambiente: secondo il rapporto mare Monstrum 2008 resta il cemento primo nemico delle coste, cinque reati al giorno di maladepurazione

di Redazione 248 views0

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E’ sempre il cemento il peggiore nemico del mare italiano. Sia che si tratti di una villetta con vista mare, di un albergo o di un nuovo porto turistico, le costruzioni illegali sul demanio marittimo sono in cima alla lista dei mali del Mare Nostrum: nel 2007 intorno al ciclo del mattone selvaggio si sono registrate quasi 4.000 infrazioni e sono scattati 1.399 sequestri e 5.066 denunce. Considerando anche le altre voci (inquinamento, depurazione, pesca di frodo, infrazioni al codice della navigazione) nel 2007 i reati ai danni del mare e delle coste italiane sono stati 14.315, quasi 2 infrazioni a chilometro lungo i 7.400 di costa del Belpaese.

Diminuite rispetto all’anno precedente, (erano 19.063 nel 2006), vedono triplicare però il numero dei “colpevoli” (+276,8%) e salire lievemente anche i sequestri (+2,9%). A guidare la classifica regionale è la Campania, con 2.355 infrazioni accertate dalle Forze dell’ordine e dalle Capitanerie di Porto, seguita dalla Puglia con 2.184 e dalla Sicilia con 2.039 casi.

È questo in sintesi quanto emerge dal dossier di Legambiente Mare Monstrum 2008 presentato martedì mattina a Roma nel corso di una conferenza stampa per salutare la partenza della ventitreesima Goletta Verde. Numeri e storie che raccontano l’Italia dei litorali sfregiati dagli ecomostri e delle spiagge blindate, delle grandi speculazioni immobiliari e degli approdi superflui, della pesca fuorilegge e dell’inquinamento delle acque.

Proprio quest’ultimo, è l’altro campanello d’allarme suonato da Mare Monstrum 2008 che segnala nel 2007 un aumento degli illeciti sul fronte scarichi e depurazione, cresciuti rispetto all’anno precedente di oltre il 42% con 1.916 infrazioni accertate, 1.966 persone denunciate o arrestate e 737 sequestri effettuati. Nella classifica al negativo troviamo al primo posto la Calabria con 341 infrazioni accertate, 385 persone denunciate o arrestate e 140 sequestri effettuati, in salita rispetto al secondo posto dello scorso anno. Anche la Puglia aumenta i reati legati all’inquinamento sversato in mare e ottiene il secondo posto con 241 infrazioni accertate (erano 218 lo scorso anno).

Il contributo negativo dei fiumi sulle acque di balneazione marine è stato riscontrato anche dai monitoraggi effettuati lo scorso anno da Goletta Verde di Legambiente: il 47,7% dei punti campionati alla foce dei fiumi è risultato gravemente inquinato, il 27,1% leggermente inquinato e solo il 13,6 % pulito. La percentuale di acque fluviali che arrivano alla foce pulite si è pressoché dimezzata da un anno all’altro: era il 23,3% nel 2006, è il 13,6% nel 2007. In ben 28 corsi d’acqua si riscontra una situazione di grave contaminazione, dove l’inquinamento batterico arriva a superare di oltre dieci volte i limiti imposti dalla normativa sulla balneazione.

Lieve flessione invece nel numero dei reati per il fenomeno della pesca di frodo e quella illegale, anche se si registra un aumento consistente dei provvedimenti di denuncia e arresto, segno probabilmente di un aumento della gravità dei reati. Dal 2006 al 2007, infatti, le infrazioni rilevate da forze dell’ordine e Capitanerie di Porto sono passate da 7001 a 5189, ma il rapporto percentuale tra i sequestri e le infrazioni è cresciuto. Se nel 2006 erano 1392, nel 2007 sono 1227, passando da un rapporto di 1 a 5 a un rapporto di 1 a 4, ossia un sequestro ogni quattro infrazioni accertate.

“Sostanzialmente quello che emerge dal dossier – spiega Sebastiano Venneri, vicepresidente e responsabile mare di Legambiente – è che in riva al mare il businnes del mattone non teme confronti e ormai non riguarda più solo case di villeggiatura ma grandi speculazioni immobiliari che vanno dalle megastrutture alberghiere, ai parcheggi fino ai nuovi porti e che non risparmiano neanche le aree protette. La motivazione è sempre quella dello sviluppo turistico ma in molti casi questa idea lascia perplessi anche gli stessi operatori del settore. Basti pensare che da uno studio di Ucina risultano ottenibili in tutta Italia ben 40mila nuovi posti barca riqualificando strutture e aree in disuso o utilizzando sistemi di ormeggio leggero senza sacrificare un solo metro di costa. Eppure nonostante queste alternative sono decine i progetti di nuovi porti e annessi vari che molte amministrazioni sono intenzionate a portare avanti in buona parte delle coste del Paese”.

Fenomeno quello del cemento sulla costa che non risparmia neanche il mare protetto: un caso su tutti l’abusivismo edilizio lungo i 38 km della Riserva Marina di Capo Rizzuto. Ma non c’è solo l’abusivismo diffuso, ci sono anche decine e decine di ecomostri, talvolta illegali, talvolta “legalizzati” che campeggiano su spiagge e promontori lungo tutta la Penisola. Lo storico abbattimento di Punta Perotti sul lungomare di Bari e alcune demolizioni autorizzate sulla costa calabrese non hanno dato il via, come ci si augurava, a una stagione di ripristino della legalità. Ma, nonostante lo scenario sia scoraggiante, la speranza è che qualche bravo sindaco rimetta in moto le ruspe. Così Legambiente ha stilato la Top Five degli ecomostri, i primi che per età, per storia e per impatto ambientale devono scomparire dalle nostre coste: l’hotel di Alimuri a Vico Equense (Na), le palazzine di Lido Rossello a Realmente (Ag), Palafitta e Trenino a Falerna (Cz), il villaggio abusivo di Torre Mileto (Fg) e lo scheletrone di Palmaria a Porto Venere (Sp).

“Un’azione sicuramente più efficace e incisiva da parte delle forze dell’ordine nel contrasto dell’abusivismo edilizio sul demanio marittimo, ha permesso di diminuire il numero assoluto d’infrazioni accertate – ha sottolineato Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente- ma d’altro canto va considerato anche che i provvedimenti di sequestro vengono adottati nei casi più gravi di violazioni. Oltre alle colate di cemento vogliamo richiamare l’attenzione anche sul libero accesso al mare, un diritto troppe volte negato in nome del profitto degli stabilimenti balneari. Caso emblematico quello della Liguria dove su 135 chilometri di litorale solo 19 sono completamente liberi”.

Al lavoro di denuncia contro le spiagge blindate Legambiente aggiunge anche la consueta lista delle Bandiere Nere 2008 recapitate a coloro che hanno danneggiato il mare e la sua costa. È il vessillo meno ambito d’Italia proprio perché segnalano i “nuovi pirati del mare”: amministrazioni, politici, imprenditori, società private che si sono contraddistinti per attacchi o danni all’ambiente marino e costiero. Le bandiere nere 2008 sono state assegnate “pari merito” a:

• La Regione Abruzzo per aver approvato la cosiddetta Legge Fogna, che torna ad applicare per gli scarichi degli impianti di depurazione valori di parametri previsti da una normativa del 1981, già all’epoca molto permissiva rispetto alla normativa nazionale di riferimento (Legge Merli).

• In Basilicata ai pirati della costa ionica (Nettis Resort, Ecoresort Marinagri, Cit Holding) per i grandi progetti (Villaggio Porto degli Argonauti, megalottizzazione tra Policoro e Scanzano Ionico, Villaggi Porto Greco e Torre del Faro) che hanno ricoperto di cemento il litorale lucano.

• Alla Regione Campania. Per la pessima gestione degli impianti di depurazione regionali.

• Bandiera Nera “ex aequo”- in Emilia Romagna – alle Amministrazioni Comunali di Cervia, Comacchio e Ravenna (nel Parco Regionale del Delta del Po), le quali continuano ad alimentare una assurda e dannosa speculazione edilizia (e un enorme consumo di suolo), contribuendo a degradare un patrimonio naturale di grande valore.

• Nel Lazio all’amministrazione comunale dell’Isola di Ponza, per il continuo dilagare del cemento illegale, per il 100% degli scarichi civili non allacciato ai sistemi di depurazione, per la raccolta differenziata dei rifiuti inesistente e per le politiche energetiche antiquate. E poi all’Assobalneari di Roma, per lo scellerato progetto delle cinque isole artificiali al largo di Ostia nel comune di Roma. All’Immobiliare Vertulasia s.r.l, per la realizzazione di un complesso residenziale abusivo su un terreno fronte mare di circa 15 ettari, lungo la via Flacca nel Parco “Riviera di Ulisse”, realizzato nonostante la diffida di inizio lavori emessa dal Comune di Gaeta.

• Al Campeggio Holiday Village di Fondi, sorto negli anni ‘70 come semplice camping è diventato una vera e propria lottizzazione abusiva su terreno demaniale.

• In Liguria al Comune di Vado Ligure (SV), alla “A. P. Moller-Maersk” (Copenaghen) e alla “Maersk Italia SpA” (GE) per il progetto della “Piattaforma Maersk”, in spregio alla volontà dei cittadini che lo hanno nettamente bocciato (64% di NO) in una consultazione pubblica indetta dalla stessa amministrazione comunale.

• Nelle Marche all’API di Falconara (AN) per il quinto anno consecutivo. Per la reiterata proposta di realizzazione di altri due impianti di generazione di energia elettrica (di 530 e di 70 megawatt), accanto a quello già esistente di 290 megawatt di potenza.

• In Puglia alla Ugento s.r.l. per la realizzazione del Villaggio ex Orex che prevede milleduecento posti letto, per 68mila metri cubi su un’area di 170mila metri quadrati in contrada Fontanelle nel Comune di Ugento.

• In Sicilia al Comune di Piraino (ME) per la lottizzazione Torre delle Ciavole, già bandiera nera nel 2001.

• In Toscana al sindaco di Campo nell’Elba per la gestione del Peep (Piano di edilizia economica e popolare) con cui le case “popolari” realizzate negli ultimi anni sono state oltre 200 in un Comune di 4mila abitanti e dove nel 2001 risultavano esserci ben 2.300 seconde case. Al sindaco di Rio Marina per il villaggio Paese a Vigneria, la lottizzazione sulle ex miniere di pirite che nessuno vuole rilevare.

• In Veneto al ministro Scajola per aver proposto di riaprire lo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi nel Golfo di Venezia

• Ai Consiglieri Regionali Franco Frigo e Carlo Alberto Azzi per l’interpretazione data all’articolo 30 della legge che ha istituito il Parco Regionale del Veneto, che permetterebbe la trasformazione a carbone della centrale termoelettrica di Polesine Camerini (RO) aumentando considerevolmente le emissioni di CO2 in un’area protetta che sta avviandosi verso una economia turistica sostenibile.

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